Note introduttive
Il simbolo del Labirinto ha da sempre affascinato le più differenti discipline, ma la ragione del perché esso si riveli poi così fortemente coeso di significato nell’immaginario umano risiede soprattutto nel significato che il suo archetipo di volta in volta assume.
La concezione comune del labirinto, quella a cui tradizionalmente ci riferiamo immaginando cosa esso sia, è legata alla tradizione classica che va dalle origini al Medioevo. In questa visione il labirinto assume una forma unicursale ovvero l’intrigo è essenzialmente costituito da una via unica che si avvolge fino ad arrivare al centro dal quale poi si riesce facilmente a ritrovare l’uscita dopo aver compiuto una rotazione di 180° su se stessi.
La tradizione cabalista invece ha attribuito al labirinto un ulteriore significato dandogli quindi la forma di cerchi concentrici interrotti in più punti per creare maggiore difficoltà a colui che doveva percorrerlo.
L’influenza del cattolicesimo in età barocca ha invece segnato l’ultimo passaggio del labirinto che diviene un groviglio eccezionalmente intricato, quasi impossibile da attraversare, ed assume i connotati della perdizione e dell’errore.
In ogni caso, ed in qualsivoglia maniera accostarsi al labirinto, si è obbligati a mettersi di fronte ad una faticosa ricerca del centro che, dipendentemente dalla forma e dallo stesso cercatore, può rappresentare cose del tutto diverse.
E’ possibile ipotizzare che il centro sia la verità, che il suo raggiungimento fornisca dunque lo schiarirsi del dubbio oppure esso va inquadrato come il luogo in cui le lotte interne dell’animo umano si materializzano costituendo il bene ed il male, il positivo ed il negativo, lo spirito e la bestia. Dallo scontro di queste due entità, l’uomo potrebbe poi guadagnare l’uscita dal labirinto.
Ciò che risulta estremamente interessante è comunque la maniera in cui l’uomo si figura un percorso decisionale ed emotivo attraverso il dedalo intricato per poi riuscire in fine a trovare una “luce” che se per Teseo, l’eroe che uccise il Minotauro imprigionato nel labirinto di Creta, fu rappresentata da Arianna per l’uomo comune può essere la ragione.
Eppure se a distanza di così tanti anni, questa figura risulta ancora pregnante di significato ed impatto ciò è dovuto al fatto che l’uomo è sempre in cerca di qualcosa, perfino quando il centro del labirinto è rappresentato dalla parte più intima del suo stesso essere: a volte infatti la terribile bestia non è altro che un riverbero del proprio sé ovvero di quel pezzo di umanità che ognuno vorrebbe a tutti i costi eliminare dalla sua personalità.
Nello specifico tutte le nozioni già espresse ricadono nella formazione di questa composizione e la sua evoluzione è lo stratagemma che i più arditi architetti hanno utilizzato nella costruzione dei loro labirinti.
Qui dunque più che il reticolo di cunicoli, di vie interrotte e le difficoltà incontrate durante i passaggi fino al raggiungimento del centro, rimane di estrema importanza il concetto della ricerca che se da un lato cerca una modalità espressiva che la soddisfi per significato e messaggio da trasmettere dall’altro invece si esprime come un inviluppo che rappresenta il ripiegamento su qualcosa di noto che tuttavia rimane sempre sconosciuto.
La ricerca continua dunque del significato o semplicemente per soddisfare la curiosità o la necessità della conoscenza sono qui rappresentate come lo sforzo singolare di una entità che vuole competere per poi ritrovare la sua conclusione o il suo completamento.
Giovanni Scapecchi












